Chiesa Parrocchiale
La storia
Dedicata a S.Bartolomeo. Costruita dai primi anni del '600 e terminata probabilmente nel 1640, allungata nel 1881-1882 e nel 1894, presenta un'elegante facciata progettata dal capomastro Giuseppe Pellini. Il portale venne costruito da Giov. B. Cattanio (o Cattaneo) di Rezzato, come da contratto 19 agosto 1662. Dietro l'abside della chiesa parrocchiale, esiste un rarissimo cimitero coperto, tardo secentesco, che ci è descritto minuziosamente in un disegno delineato nel 1844 dall'ing. Bortolo Martinelli, allorché si decise di sopraelevare il fabbricato e di adibirlo a sede scolastica. «Fortunatamente - sottolinea Sandro Guerrini - l'operazione non venne eseguita e ancora oggi abbiamo questa interessante testimonianza storico-artistica, che costituisce un importante elemento per ricostruire la storia dei cimiteri bresciani». La torre, costruita con la chiesa, venne poi innalzata di una ventina di metri nel 1680 circa. Le cinque campane di oggi, fuse nel 1966 dalla Fonderia Capanni di Castelnuovo in Monti (Reggio Emilia), hanno sostituito concerti fusi da Gaetano Soletti (1803-1815) e da Giovanni Crespi di Crema (1876). Suggestivo è l'interno ad una navata, coperta da un'ampia volta a botte e con sui lati delle ariose cappelle pure voltate a botte, affiancate da slanciate lesene binate che movimentano le pareti dell'aula. Essa offre anche una straordinaria decorazione eseguita nel 1896 per il presbiterio e il coro e nel 1897 per i medaglioni della navata e le lunette delle finestre, dal parmense Luigi Gainotti (1859-1940) scelto su suggerimento del vescovo di Cremona mons. Bonomelli. L'artista, nella navata, ha dipinto: "Angeli con emblemi del martirio di S. Barbara" nella piccola campata dell'interno, partendo dal fondo, con ai lati le virtù cardinali. Negli specchi sopra il battistero e nella cappelletta di fronte, ha dipinto dei putti. Avanzando dal fondo della navata, nel medaglione che segue, ha dipinto il "Martirio di S. Barbara"; nel medaglione centrale l'"Apparizione della Croce all'imperatore Costantino"; nel medaglione che segue l'"Istituzione del S. Rosario" e nella più piccola campata che precede il presbiterio "Angeli con emblemi relativi al Rosario", con ai lati le virtù cardinali e, negli specchi delle porte laterali, due putti. Sei putti sono dipinti in altrettante lunette delle finestre. Le decorazioni vennero eseguite da Francesco Lorenzi (1830-1900). Nel presbiterio il Gainotti ha dipinto la "Gloria del S. Cuore", nel lunone dell'abside il "Martirio dei S.S. Gervasio e Protasio", nei pennoni i profeti Ezechiele, Zaccaria, Isaia e Geremia. Completano gli affreschi le decorazioni del bresciano Fausto Cominelli. Gli altri affreschi, dalla dicitura e dagli angeli della controfacciata a quelli con figure di santi che affiancano le finestre delle cappelle, sono opera di Vittorio Trainini (1940).
I quadri della Via Crucis del '700, rubati assieme ad un Crocefisso in legno nel marzo 1998, vennero rimpiazzati nel febbraio 1999 da sculture in legno di Marco Pegoiani. La sagrestia attuale venne costruita nel 1760 c. L'affresco del volto è attribuito da Ivo Panteghini al Cresseri. Contiene una Natività di Bernardino Campi (1545 c.) che S. Guerrini cita.
Altare maggiore
Ha sostituito nel 1750 quello precedente secentesco e S. Guerrini lo definisce «un bell'esempio a mensa architettonica, con semplici specchiature geometriche in breccia violetta contornate da cornici in marmo di Carrara: sulla cornice posteriore di uno dei gradini portacandelieri sono graffiate le date 1746 e 1759 in un'inconfondibile calligrafia settecentesca».
La vecchia mensa è stata sostituita con una nuova in marmo di Botticino nel 1940 e riconsacrata il 16 novembre dello stesso anno. La porticina d'argento opera di Mario Gatti è stata eseguita nel 1947. L'imponente soasa è opera di Giuseppe Pellini; la pala raffigurante S. Ambrogio che ritrova i corpi dei S.S. Gervasio e Protasio fu eseguita nel 1815-1816 da Luigi Basiletti.
L'organo
Costruito dalla Fabbrica dei Fratelli Serassi di Bergamo nel 1855, Opus 627, con posteriori modificazioni (Tonoli 1881). Le cantorie vennero eseguite su disegno di Fortunato Canevali di Bergamo, dall'intagliatore Alfonso Galli di Inverigo e dal muratore Giovanni Zambelli di Cremona. Sempre l'intagliatore Galli realizzò gli scanni del coro in legno di noce (1882), mentre nel 1895 troviamo che furono pagati gli scanni del presbiterio ai falegnami Giuseppe Barbieri di San Gervasio (sedile a sera) e Gabriele Marinoni di Alfianello (sedile a mattina).
La chiesa, come testimoniano documenti dell'archivio comunale, è dotata di organo sin dai tempi della sua costruzione (prima metà del Seicento).
Nulla si sa del primo strumento la cui esistenza era certa, mentre si è a conoscenza della paternità dei due organi che precedettero l'attuale Serassi: un Bolognini (Don Cesare Bolognini di Lumezzane - 1707 circa) ed un Callido (Gaetano Callido di Venezia - 1787).
Totale canne N°1387, di cui 765 Serassi, 82 Tonoli, 206 Callido, 29 antiche di varia attribuzione e 305 nuove ricostruite nel restauro.
Altare del Corpus Domini
Affidato alle cure della Confraternita, ha una mensa marmorea databile al 1735 e un'elegante soasa in marmo della metà del '700 attribuibile al rezzatese Vincenzo Baroncini. La pala raffigurante l'"Ultima Cena" è, secondo Sandro Guerrini, di Antonio Gandino (1565-1631) «una tela che, nonostante le non vaste dimensioni, ha una profondità spaziale ed un'imponenza notevole. L'effetto di monumentalità è dato dalla impostazione a due piani del dipinto: il campo superiore è dominato da un'architettura di sapore tardo manieristico, soda e ben articolata, che alza il punto focale e lo proietta in grande profondità, mentre la metà inferiore della tela è occupata dalla scena dell'Ultima Cena. Le figure sono ben salde, tornite e concluse nella luminosità perlacea degli incarnati e nel panneggiare serico e lucido, impenetrabile». Affiancano la finestra gli affreschi di Vittorio Trainini raffiguranti due Evangelisti.
Altare di S. Giuseppe
Ha una bella mensa di marmo che ha sostituito, nel 1730 circa, quella in legno ed è caratterizzata da un motivo a girali floreali, realizzati con toni delicatissimi, sfumanti dal grigio all'azzurro. Al centro, in un medaglione incorniciato da un serto marmoreo d'alloro in rilievo, è collocata l'immagine di S. Antonio Abate con ai piedi un porcospino e con nella mano il tipico bastone con la campanella: la figuretta non è però ad altorilievo, ma è costruita a commesso, mediante piccole tessere versicolori tagliate con una precisione assoluta, seguendo il profilo delle vesti e del corpo. La sormonta una monumentale soasa in legno con incisa la data MDCIXXXX (1639) che il Guerrini giudica buona opera della scuola bresciana forse del Bulgarini. Contraddicendo chi l'ha ritenuta della seconda metà del '600 l'opera è già nominata in documenti del 1649. Affiancano la finestra S. Agostino e S. Francesco di V. Trainini. C'era una statua di S. Antonio sostituita agli inizi del '900 con quella di S. Giuseppe. Di giuspatronato del Comune, con un cappellano da esso mantenuto, l'altare fu sempre contornato da viva devozione e fatto oggetto di legati, di suppellettili.
Altare di S. Nicola da Tolentino
Viene costruito per iniziativa della Confraternita di S. Nicola sorta nel tempo della peste del 1630-1631 e dal 1630 viene fatto segno della più viva devozione e di legati, lasciti e donazioni. Il nuovo altare è datato, grazie alle ricerche di R. Savaresi, al 1735 ed opera del marmorino Carlo Cimbinelli detto Puignago dal paese d'origine. Nel 1795 viene affidato ad Antonio Taliani di Rezzato che compie l'esecuzione di una nuova ancona in marmo di Carrara, di Serravezza, di Varallo, in pietra dolce di Arco ecc. rendendo particolarmente prezioso l'altare che però, per difficoltà economiche, verrà completato solo nel 1825. Sull'altare, dal 1640, campeggia la pala raffigurante "S. Nicola che intercede per gli ammalati di peste" (1640 c.); Sandro Guerrini lo definisce: «un grandioso ex-voto, commissionato dal comune di S. Gervasio al bresciano Bernardino Gandino (15871651) dopo la peste del 1630 (probabilmente intorno al 1640). Si tratta di un'opera molto importante, sia dal punto di vista artistico, sia da quello documentario. Al centro della tela campeggia, imponente e solenne, la figura del Santo, avvolta in un mantello nero; sul viso, drammaticamente contratto e rivolto verso il Crocifisso, ad accrescere la tensione, serpeggiano colpi di luce giallastra. Nella parte inferiore del quadro si scorge invece il raccappricciante groviglio dei corpi dei morti e dei morenti, illuminati da una luce livida, irreale, che crea l'atmosfera di un'immane cataclisma. Non conosco, per ora, in tutto il Bresciano alcuna immagine che rappresenti così crudamente la tragedia della peste». Affiancano la finestra S. Nicola e S. Ambrogio di Vittorio Trainini.
Altare del Rosario
È nominato in un testamento del 1614. Fatto segno di altri lasciti, viene poi trasferito nella nuova chiesa. Aveva una statua o meglio un manichino della Madonna col Bambino rivestiti di sontuose vesti, manto ricamato in oro e ricchi gioielli. Essendo di legno venne sostituito da una mensa in marmo con motivi floreali che il Savaresi data al 1735 mentre nel 1765 circa, in seguito a nuovi legati e lasciti, viene costruita la soasa in marmo che il Savaresi pensa di attribuire agli stessi autori di quella del Suffragio, cioè ai marmorini rezzatesi Barbieri e Aiardi. Affiancano la finestra due Evangelisti, di Vittorio Trainini. È del 1940 la nuova statua eseguita dalla Ditta Poisa e donata dal comm. Gogna. Ai lati della finestra, nel 1940, il pittore Trainini ha dipinto S. Carlo Borromeo e S. Luigi. Renato Savaresi ha documentato con grande abbondanza la devozione, i lasciti, specie in vestiti, oggetti, lampade e le cure di cui l'altare è stato circondato.
Altare del Suffragio
Eretto verso il 1640-1644 contemporaneamente o quasi all'omonima Confraternita, fatto segno subito di legati, ebbe dapprima un altare in legno sostituito dall'attuale in marmi pregiati nel 1730. Nel 1771 la Confraternita affidava ai marmorini Barbieri e Aiardi di Rezzato una soasa in marmo che, al momento della posa in opera, perché troppo alta, dovette essere decapitata della cimasa, la quale venne poi sostituita, nel 1882, da un medaglione raffigurante S. Lucia. Benefattrice dell'altare fu la famiglia Ferrazzi e specialmente don Giambattista Ferrazzi. La pala dell'altare raffigura la Madonna col Bambino e le Anime del Purgatorio, di Pietro Ricchi, detto il Lucchese, che S. Guerrini colloca verso il 1650. Di essa egli scrive: «Sullo sfondo buio guizzano le luci brillanti dei rossi e degli azzurri, degli ocra e dei verdi bruciati, creando fantasmi fantastici ed inquietanti. Nella parte bassa della scena i corpi delle Anime si contorcono e si allungano spasmodicamente, come le fiamme che li lambiscono, mentre in alto le figure della Madonna e del Bambino si stemperano nel cielo in colori irreali. A metà, quasi a ponte tra i due mondi dello Spirito, è la figura della Vergine, ben più corposa e definita delle altre, con il viso dolcissimo soffuso da un delicato trapasso di chiaroscuri». Affiancano la finestra due affreschi di Vittorio Trainini raffiguranti S. Lorenzo e S. Giovanni Bosco.
Altare dei Santi Martiri
Ultimo fra tutti, venne eretto in una cappella rimasta spoglia, che ospitava, come si rileva dalle visite pastorali, solamente ritardatari e per nulla attenti alle sacre funzioni. Venne eretto solo verso il 1710 e dedicato dapprima all'Immacolata Concezione e poi, quasi subito, ai SS. Martiri Gervasio e Protasio dei quali nel 1678 erano arrivate reliquie per l'interessamento del can. Alfonso Zaniboni. Di juspatronato del Comune, dotato di legati, venne arricchito di soasa lignea che S. Guerrini ritiene "lavoro del primo '700 molto elegante e delicato". Ivo Panteghini la ritiene di Prospero Calabrese, intagliatore di Pralboino. «Particolarmente degno di nota - scrive S. Guerrini - è il dipinto raffigurante I Santi Protettori, eseguito da Giuseppe Tortelli tra il 1710 e il 1715. Evidentissimi sono qui i richiami alla lunetta con i Santi Faustino e Giovita del Duomo Nuovo di Brescia, pagata nel 1709. Nel dipinto troviamo il Tortelli nella sua fase più felicemente piazzettesca, ricca di effetti luministici e di evanescenze giocate su un cromatismo schiarito e dai delicati accostamenti». L'altare rivolto ai fedeli è stato edificato nel 1975 utilizzando l'altare della cappella dei santi, una bella mensa marmorea con tre medaglioni pure realizzati con la tecnica appena ricordata, raffiguranti l'Immacolata e i Santi Gervasio e Protasio: a cornice delle figure abbiamo ancora una rabescatura floreale, ma stavolta più marcata su uno sfondo nero. La cappella era dotata di una mensa che oggi fa da altare rivolto ai fedeli. La mensa fu sostituita da un altarino di legno con due putti della ditta Fiorini. La soasa, restaurata nel 1883 e di nuovo dai Poisa nel 1940, contiene, in un'ampia custodia, le reliquie della chiesa.